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Presenza e Contatto. Ottobre 2017.

PRESENZA E CONTATTO CRANIOSACRALE

 

 

campana

foto Chiara Zanchetta – Spagna 2012

 

…viaggeremo nella presenza, non solo con essa. La presenza occuperà la scena centrale, il campo in cui sorgono tutte le nostre esperienze.

A. H. Almaas[1]

 

Che cosa intendiamo con il termine presenza?

Dal dizionario Treccani[2] troviamo come prima definizione di presenza il fatto di essere in un determinato luogo o di assistere a qualcosa, es. partecipare ad un dato evento. Sicuramente come operatori craniosacrale (CS) siamo presenti nella stessa stanza con il ricevente, siamo presenti fisicamente in un dato evento.

Fra gli usi figurativi la Treccani segnala come in filosofia si parli di “presenza dell’io a se stesso”, intesa come consapevolezza di sé o autocoscienza. Questo è un livello di presenza decisamente più profondo e ancora però ci dice poco su cosa intendiamo per presenza in riferimento al lavoro CS.

Quando ci sediamo al lettino per una sessione di cranio sacrale essere presenti è la più potente forza di guarigione che possiamo mettere a disposizione di noi stessi e dell’altro. Essere presenti è essere testimoni di quello che avviene durante il lavoro, momento per momento, senza giudizio, senza aspettative, senza fretta. Essere testimoni tanto di noi stessi quanto dell’altro. Lo strumento principe che abbiamo a disposizione sono le nostre mani: portare consapevolezza e presenza nelle nostre mani è l’indispensabile fondamento del nostro lavoro.

Intendiamo la presenza come fondamenta sia per un contatto inteso come incontro con noi stessi e con l’altro sia per il contatto fisico.

 

Come dice il maestro spirituale Almaas “Presenza e consapevolezza non sono fenomeni distinti (…). Quando dico ‘presenti e consapevoli’, intendo ‘presenti a quello di cui siete consapevoli’, il che significa che non solo lo notate ma siete anche in contatto con esso; lo toccate, lo sentite, ne avvertite la qualità e la struttura. (…) E’ come se le nostre terminazioni nervose fossero dentro, fuori e tutt’attorno all’esperienza. (…) Se avremo quel tipo di consapevolezza, ci renderemo conto che essere consapevoli di qualcosa non è soltanto una funzione o una capacità: la consapevolezza è in realtà la nostra presenza essenziale, la nostra sostanzialità, il nostro essere qui.”

 

Nella presenza siamo completamente nell’esperienza, sentiamo e tocchiamo energeticamente la qualità dell’essere insieme al nostro cliente nel qui e ora, siamo aperti a un campo più ampio, in cui ci siamo noi stessi, il nostro cliente, la nostra relazione. Essere presenti non è pensare a ciò che accade in noi e nella relazione – anche se i pensieri possono far parte dell’esperienza – ma ha più a che fare con il sentire, percepire, con l’esserci, in un modo che è più profondo della consapevolezza ordinaria. Un modo che è inclusivo di tutto ciò che è presente nell’esperienza, senza discriminazione – dunque equanime – un’esperienza prevalentemente percettiva piuttosto che cognitiva.

 

Una qualità importante della presenza è la neutralità. La presenza neutrale è ciò che ci permette:

  • un’osservazione non giudicante;
  • la coltivazione di una modalità ricettiva delle informazioni, piuttosto che un andare verso;
  • l’approfondimento dell’essere qui e ora.

La presenza si amplia progressivamente: inizia centrata su noi stessi per aprirci gradualmente al campo esterno, dove incontriamo e accogliamo l’altro; e nell’incontro la nostra presenza diventa lo strumento che favorisce il processo di auto-guarigione, auto-regolazione, del sistema del nostro cliente.

 

La presenza può essere sperimentata a molti livelli.

Sul livello di base la presenza è radicata nello stare nel corpo, e questo si può praticare in diversi modi. Ad esempio, il radicamento ci dà solidità e ci tiene, attraverso la forza di gravità, proprio nel qui e ora.

Al tempo stesso la presenza non è limitata al corpo ma lo trascende. Il corpo diventa un oggetto dello stato di presenza. Percepiamo il corpo e anche, quanto la presenza si fa più profonda, percepiamo di appartenere a qualcosa che è oltre il corpo, qualcosa di più grande.

 

La presenza è lo stato fondamentale della vita.

La presenza non è uno stato della mente, non è un pensiero, è un’esperienza, l’esperienza diretta dell’essere qui e ora, in connessione con il Tutto.

 

La presenza è uno stato che si coltiva con la pratica, e la pratica inizia sempre da quello che c’è adesso, con un atto di apertura e disponibilità a stare.

 

Per essere presenti non è necessario trovarci in uno stato speciale. La presenza inizia anche nel momento in cui ci apriamo al meglio delle nostre possibilità al riconoscimento esperienziale delle nostre difficoltà ad essere presenti, di ciò che ci distrae, di ciò che interferisce.

 

E’ ancora Almass a sostenerci con le sue parole:

“Se vi sorprendete (…) a interferire, non significa che state facendo qualcosa di sbagliato. Chiariamolo in via preliminare, perché di sicuro vi accorgerete di farlo. Quando meditate o fate pratica, per esempio, vi renderete conto di manipolarvi, di immischiarvi, di dividervi. Siccome sappiamo che accadrà, faremo pratica lo stesso. Lo vediamo, non interferiamo, non facciamo nulla. (…) smettere di interferire non significa fare qualcosa per smettere. Di solito, essere consapevoli di intromettersi e osservare cosa produce la manipolazione, è sufficiente per smettere di farlo.”

 

“Essere dove si è non significa (…) trovare quel luogo, rimanerci e basta. È una pratica continua, nel senso che, mentre proseguiamo a essere dove siamo, quel luogo cambia e si trasforma. Così, essere se stessi, ciò che siamo, dove siamo, diventa una continuità dell’essere, il suo fluire.”

 

La presenza non è uno stato statico ma è dinamico, in continuo divenire. Per questo la presenza è aperta, disponibile, flessibile, pronta a cogliere ed accogliere ogni momento come nuovo.

La presenza è lo stato fondamentale dell’essere. Non è tanto fare qualcosa per essere presenti quanto lasciar andare ciò che ostruisce la presenza naturale.

 

Nella presenza ci permettiamo di essere vulnerabili.

 

Un altro aspetto importante dello stato di presenza è l’attenzione. L’attenzione è libera di notare ciò che è presente nell’esperienza, senza fissarsi o aggrapparsi a niente in particolare. E’ un’attenzione ricettiva, come abbiamo già detto, che non va alla ricerca sulla base di idee precostituite o in automatico sulle base di esperienze precedenti. E’ un’attenzione disponibile a farsi sorprendere, radicata nella capacità di stare con ciò che non conosciamo, con ciò che non è ancora chiaro, con ciò che non è ancora manifesto, con la curiosità di un bambino piccolo completamente assorbito da se stesso e dal mondo.

 

Il contatto craniosacrale emerge dallo stato di presenza. Sono presente a me stesso, a come mi sento, al mio continuo divenire, e sono presente all’altro, a ciò che mi arriva dall’altro, al suo continuo divenire.

La presenza ci guida verso il contatto con l’altro, un contatto che non è solo fisico, non è solo energetico, è un contatto specifico e intenzionale: vogliamo entrare in contatto con quel livello del corpo-cuore-mente-spirito che raggruppiamo sotto il termine craniosacrale. E’ una modalità particolare di contattare l’essere nel suo manifestarsi nel qui e ora.

 

Essere in uno stato di presenza è fondamentale per ascoltare il sistema senza interferire, senza manipolare. Nella presenza non intervengo sull’esperienza e nemmeno me ne distacco, sono presente a ciò che è. Nella presenza posso smettere di fare e semplicemente stare ed essere.

 

A cura di Chiara Zanchetta, Kapil Pileri e Monica Meneghelli


[1] Tutte le citazioni di A. H. Almaas sono tratte da “La pratica della presenza. Per realizzare la nostra natura autentica.”, 2008, Astrolabio